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Ultimo aggiornamento:

20 novembre 2017

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STORIA DEL DIALETTO TRIESTINO

Sigillo Trecentesco di Trieste
Sigillo Trecentesco di Trieste

 

 

Fino al diciottesimo secolo (ovvero fino a quando la città era ancora rinchiusa tra le mura storiche e non era stata ancora dichiarata Porto Franco, nel 1719) a Trieste si parlava il tergestino, che era un dialetto di tipo ladino, fortemente relazionato con i dialetti friulani della pianura, dai quali era separato dall'arcaica enclave veneta dei dialetti bisiaco (parlato a Monfalcone) e gradese (parlato a Grado) e dalla fascia di dialetti sloveni del Carso, dai quali era completamente circondato a partire dei primi secoli del Basso medioevo. La fondazione della nuova città ebbe come conseguenza l'immigrazione di persone venute dal bacino del Mar Mediterraneo e dall'Impero Asburgico (la sua popolazione passò rapidamente da 6.000 abitanti circa a più di 200.000 abitanti!). Una parte consistente di popolazione immigrata proveniva dal Friuli, dal Veneto, dall'Istria e dalla Dalmazia. Fu in questo momento che si affermò il triestino e scomparve il tergestino (sopravvisse fino alla prima metà dell'Ottocento come lingua delle famiglie aristocratiche più antiche della città (chiamate lis tredis fameis -le tredici famiglie-, espressione che dimostra la notevole somiglianza dell'antico tergestino con il friulano.

All'Ottocento risalgono le testimonianze più importanti sulle caratteristiche del tergestino, che si trovano nell'opera Dialoghi piacevoli in dialetto vernacolo triestino, raccolta composta da Giuseppe Mainati nel 1828. Nel XX secolo c'è stato un tentativo di rivitalizzazione del tergestino, con scopi puramente poetico-letterari, da parte di Ivan Crico, che ha composto alcune liriche in tergestino raccolte nel 2008 nel volume De arzént zù -"D'argento scomparso"- edito dall'Istituto Giuliano di Storia e Documentazione con contributi di Gianfranco Scialino e Pavle Merkù).

Le ipotesi degli studiosi su questo processo di sostituzione linguistica sono varie. Il dialetto "veneto comune" (nella variante veneziana, nota in tutto l'Adriatico orientale, Mediterraneo orientale fino a Cipro, che Venezia utilizzava come lingua "franca") potrebbe essere stato scelto come koinè linguistica tra popoli di etnie diverse, oppure potrebbe essere stato il dialetto dominante degli immigrati. Il dialetto triestino si è differenziato maggiormente dal veneto nei secoli successivi. In quel periodo Trieste era la principale città di lingua italiana dell'impero, di conseguenza il dialetto triestino sostituiva completamente la lingua italiana in tutta l'Austria - Ungheria e veniva utilizzato anche in comunicazioni ufficiali. 

 

La vitalità del dialetto triestino emerge anche da alcune affermazioni dello scrittore Italo Svevo nel romanzo La coscienza di Zeno:

        

«Quell'uomo d'affari avrebbe saputa la risposta da darmi non appena intesa la mia domanda. Mi preoccupava tuttavia la quistione se in un'occasione simile avrei dovuto parlare in lingua o in dialetto.»

         (capitolo 5)

         «Il dottore presta una fede troppo grande anche a quelle mie benedette confessioni che non vuole restituirmi perché le riveda. Dio mio! Egli non studiò che la medicina e perciò ignora che cosa significhi scrivere in italiano per noi che parliamo e non sappiamo scrivere il dialetto.»

         (capitolo 8)

 

Anche James Joyce durante la sua permanenza a Trieste all'inizio del 1900 imparò a parlare e a scrivere il dialetto triestino. Di ciò sono testimonianza alcune delle sue lettere a Svevo.

 

Attualmente il triestino, a differenza di altri dialetti, non si è ridotto per diffusione nel corso degli ultimi decenni ed è conosciuto da quasi tutte le persone originarie della provincia o ivi residenti da lungo tempo. A questo proposito contribuisce forse la sua relativa somiglianza alla lingua italiana, che negli ultimi decenni si è andata progressivamente intensificando.

 Esistono opere teatrali, poetiche o letterarie scritte in triestino, molte delle quali sono opera di Virgilio Giotti e Carpinteri&Faraguna. Inoltre si deve ricordare Nereo Zeper, che ha tradotto l'Inferno di Dante Alighieri in triestino.

 

[Fonte: Wikipedia]


Stemma Trieste Asburgica
Stemma Trieste Asburgica